Il pampepato è un dolce tipico paese che si trova soprattutto nel periodo delle feste natalizie ma non solo. Questo dolce ferrarese a base di miele, frutta secca rappresenta in pieno la tradizione gastronomica della zona di Ferrara. Ancora oggi i laboratori artigianali presentano questo dolce che si caratterizza per un gusto speziato molto ricco. I preziosi ingredienti racchiusi in questo prodotto da forno, includono la frutta secca come noci, nocciole e pinoli tritate addolciti dalla scorza di arancia oppure dal vino. L’impasto viene ricoperto da un sottile strato di cioccolato fondente.
Come si prepara il pampepato
È facile che questo dolce ricordi altre preparazioni tipiche della centro Italia poiché la ricetta si è diffusa in tutto il territorio, sebbene con alcune modifiche e variazioni. Può infatti ricordare dolci della tradizione toscana e umbra che hanno diverse somiglianze.
Il dolce tipico delle feste per regalarsi un piacere in più nel periodo di festeggiamenti legati al Natale. Tutt’oggi diverse famiglie si cimentano con la preparazione del pampepato che comunque viene preparato anche da pasticceria e forni locali. È il prodotto ideale da servire dopo un lauto pasto per concedersene giusto un pezzettino. La sua forma si presta molto ad essere divisa con tanti commensali. Era pensato per durare diverse settimane perciò si conserva in maniera pratica senza problemi.
Le origini della ricetta
In un pasto tipico del ferrarese non può mancare il pampepato che è la chiusura ideale. I sapori della cucina risalente al periodo d’oro degli Estensi sono forti, decisi e sempre legati alla tradizione. Un banchetto tipico Ferraris non può non avere prodotti come la salama da sugo, perfetta servita come il pane con poca mollica a forma di ricciolo.
Le tradizioni a tavola degli Estensi
Al giorno d’oggi tutte queste tradizioni vengono sempre e ricercate sfogliando antichi ricettari, come quello delle monache di Ferrara. Pare che la ricetta originale sia proprio da attribuirsi a loro. In seguito, la ricetta venne ripresa anche dal cuoco della corte estense, diventando un simbolo dell’enogastronomia della città.